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Quale scuola?

Siamo a conoscenza dell’ostracismo a cui sono sottoposte le scuole parentali soprattutto in questa fase di programmazione di esami; a ciò si aggiunge l’allarmante irresolutezza dei decisori politici sul da farsi a settembre, il che fa temere che ci si avvicini alla scadenza dell’inizio del nuovo anno scolastico senza che sia presa consapevolezza della drammaticità di tale evento.

Resta l’incognita della scuola. Con le scuole dobbiamo stare attenti. Il tema è di importanza vitale, ma i dati sono contraddittori. E un contagio lì rischia di diventare una bomba. Non possiamo permetterci sbagli”, ha affermato in un’intervista Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms. “Dobbiamo mantenere mascherine e distanze. La Spagnola ha ucciso di più nella seconda ondata. È importante non superare una soglia limite, oltre la quale diventa difficile tenere l’epidemia sotto controllo’. Allarmante è anche il curriculum, unito alla scarsa capacità comunicativa, di cotal personaggio.

Facciamo un passo indietro: in Italia la chiusura delle scuole ha riguardato 8,3 milioni di studenti; la solerte ministra dell’istruzione Azzolina chiarì prontamente che la didattica a distanza non poteva essere paragonata all’apprendimento in classe ma era pur sempre scuola: gli insegnanti fanno lezione usando strumenti digitali – che già conoscevano o esplorandone di nuovi – e gli studenti sono tenuti alla frequenza, collegandosi online. La ricetta fu servita.

Ci sono molti ‘ma’: la didattica a distanza è stata, almeno inizialmente, didattica d’emergenza, a cui istituti e professori non erano preparati, senza contare che la tecnologia è uno strumento che non tutti maneggiano bene. Secondo i dati raccolti dal ministero nelle prime settimane di chiusura delle scuole, il 67 per cento degli istituti ha fatto attività a distanza; in pratica, 6,7 milioni di studenti sono stati raggiunti da questa didattica, ma altri 1,6 milioni no.

Così la tecnologia digitale rischia di amplificare le differenze e di escludere invece che includere. Vale anche per gli insegnanti, dato che il nostro compito è facilitare l’apprendimento, anche reinventandoci. La maggior parte di noi in fase pre-Covid usava internet per consultare fonti e contenuti digitali; post- Covid siamo diventati esperti di Webex, Zoom, screen sharing, white board e quant’altro.

Insomma, si sono attuati svariati tentativi per non interrompere la didattica, specialmente grazie alla buona volontà e dedizione dei singoli, ma il punto è non ridurre tutto alla sola trasmissione di nozioni, visto che fare scuola è azione e partecipazione, è stare insieme.  Perciò la cara vecchia scuola è fondamentale e noi prof abbiamo ancora quel quid che ci lega emotivamente ai nostri alunni.  La nostra scuola ha mantenuto inalterata quell’humanitas che sempre la contraddistingue: ciò può non essere sufficiente per la cieca politica ma di certo continueremo a farci portavoce del nostro illuminato sistema educativo.

Paola Bernardi, insegnante di italiano e latino

***Foto scattata prima del DPCM del 8 Marzo 2020 sul Coronavirus

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